L’Irpef del professionista sconta il principio di cassa e non di competenza a prescindere da quando viene emessa la fattura. L’amministrazione, quando calcola l’imponibile, deve dunque riferirsi all’anno in cui le prestazioni vengono effettivamente saldate.
Questo è quanto sancito dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 17306 del 30 luglio 2014, ha accolto il ricorso di un avvocato.
Equiparando la disciplina dell’Iva e quelle delle imposte sui redditi, la sezione tributaria ha enunciato il principio per cui “l’importo di fatture emesse dal professionista nell’anno d’imposta oggetto di accertamento, ove sia comprovato dal contribuente che l’incasso è avvenuto in epoca ad esso successiva, non concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo del professionista ai fini Irpef per l’anno oggetto di accertamento”.
La decisione risponde al principio generale per cui i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza. Questo principio è frutto dell’interpretazione di due norme fondamentali e cioè l’articolo 63 del d.p.r. 633 del 1972 e l’articolo 50 del Tuir. Nella prima disposizione è previsto che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo e la fattura è ammessa al momento dell’effettuazione dell’operazione. Quanto all’Irpef il reddito da lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro e natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di utili, e le spese sostenute nel periodo stesso.