Con la sentenza 461/34/2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione di Milano ha stabilito che l'Iva detratta in relazione a un'operazione soggettivamente inesistente può essere detratta se il destinatario della fattura non conosceva o non poteva conoscere l'irregolarità.
La vicenda ha tratto origine da una verifica fiscale, al termine della quale - sulla base delle risultanze di una precedente attività di polizia giudiziaria - la Guardia di Finanza ha ipotizzato l'utilizzo di fatture per operazioni (acquisti di beni) soggettivamente inesistenti. Di conseguenza è stato inviato un avviso di accertamento nel quale l'Agenzia delle Entrate ha contestato alla società sottoposta al controllo l'illegittima detrazione dell'Iva assolta in relazione alle operazioni in questione. Il giudizio di primo grado si è concluso con l'annullamento dell'atto impositivo impugnato.
La Ctr ha respinto l'appello dell'ufficio contro la sentenza di primo grado, rilevando come la natura di cartiera del soggetto emittente fatture soggettivamente false ed il suo coinvolgimento in un sistema di frode Iva, non siano elementi sufficienti a negare la detrazione dell'imposta assolta dal cliente. Rinviando ai principi pacificamente affermati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, il collegio di secondo grado ha rammentato che il diritto alla detrazione può essere disconosciuto solo laddove il destinatario della fattura sapesse o potesse sapere dell'operato fraudolento dell'emittente. Questa circostanza, secondo i giudici milanesi, è da escludere inequivocabilmente nel caso di specie.
In primo luogo i giudici d'appello hanno chiarito che la società «non era tenuta ad effettuare controlli contabili sul proprio fornitore, vale a dire se lo stesso aveva tenuto una regolare contabilità e eseguito gli adempimenti fiscali quali, ad esempio, l'invio delle dichiarazioni dei redditi né effettuare altri controlli formali».
In secondo luogo la Ctr ha sottolineato che l'Agenzia «non ha fornito alcuna prova in ordine alla conoscenza o conoscibilità da parte dell'odierna appellata del disegno criminoso di frode posto in essere dal fornitore».
Il collegio di secondo grado ha poi evidenziato la copiosità del materiale probatorio prodotto in giudizio dalla società, tra cui:
- le fotocopie degli ordini di acquisto relativi alla merce acquistata;
- le fotocopoie dei documenti di trasporto (Ddt) relativi alla stessa merce;
- le dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese da alcuni dipendenti della società ad attestazione dei rapporti diretti avuti con il fornitore.
Infine, nella sentenza la Ctr ha sottolineato come la società non abbia tratto alcun vantaggio fiscale, tanto meno economico, dalle operazioni intercorse: il prezzo praticato era perfettamente linea non solo con quello di mercato, bensì anche con quello applicato dagli altri fornitori della società stessa. I giudici milanesi hanno concluso che gli elementi probatori agli atti dimostrano l'incolpevole affidamento della società, la quale non aveva motivo di sospettare l'esistenza di qualche irregolarità.