La Ctp di Milano, con sentenza 2549/9/2016 si è espressa a favore delle parti di una compravendita, alle quali l'Agenzia aveva notificato un avviso di accertamento per maggiori imposte, perché il valore di vendita era inferiore a quello determinato secondo le quotazioni immobiliari dell'Omi, condannando la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio per un importo quasi pari al valore accertato. Nel dettaglio i contribuenti determinavano il prezzo attribuendo un valore al metro quadrato che, seppur compreso nel range individuato dall'Omi, risultava inferiore a quello medio determinato dall'ufficio, in quanto veniva tenuto conto delle sue cattive condizioni strutturali e della presenza di un inquilino moroso che, in forza di un contratto di locazione, impediva all'acquirente di entrare nell'immediato possesso dell'immobile. Di converso l'Agenzia motivava il maggior valore inquadrando l'immobile senza giustificazione alcuna come "ufficio strutturato con stato conservativo ottimo", definito dall'ex agenzia del Territorio come un bene "ad uso ufficio con caratteristiche costruttive, di distribuzione, di impiantistica, e di dotazione tecnologica superiori", senza contestualizzare la vendita alle condizioni economiche, soggettive ed oggettive dell'immobile. Tale operato è risultato essere contrario a quanto sancito da innumerevoli sentenze che considerano le valutazioni Orni mere elaborazioni statistiche che non possono essere utilizzate come prova esclusiva del valore. L'organo giudicante tenendo conto delle condizioni dell'immobile attraverso l'utilizzo di fotografie prodotte dai ricorrenti, della presenza dell'inquilino al momento della vendita e di una perizia effettuata dall'agenzia del Territorio - che attribuiva nel 2007 un valore di gran lunga inferiore rispetto al prezzo di vendita pattuito tra le parti, nel pieno boom del mercato immobiliare - disponeva che "sebbene l'immobile presentava tutte le potenzialità per essere classificato come immobile strutturato, tali potenzialità, al momento dell'acquisto erano inespresse", evidenziando, inoltre, la mancata applicazione da parte dell'ufficio del "valore venale in comune commercio" inteso quale "valore normale con riferimento al momento del trasferimento". Alla luce di tali considerazioni accoglieva il ricorso e condannava l'Agenzia al pagamento delle spese, di importo pressoché pari a quello accertato.
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