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Cassazione penale:presunzioni legali tributarie non provano il reato.

Cassazione penale:presunzioni legali tributarie non provano il reato. - GAMACONSULTING

Con la sentenza 30890/2015, la Corte di cassazione, III sezione penale, ha stabilito che le presunzioni legali previste in campo tributario non sono prova della commissione del reato, ma semplici indizi che devono essere valutati dal giudice penale unitamente ad altri elementi.

La pronuncia della Cassazione nasce dal fatto che ha visto coinvolti due contribuenti, residenti all'estero, indagati per una serie di reati tra cui l'emissione di fatture per operazioni inesistenti e l'omessa dichiarazione dei redditi. I contribuenti risultavano percettori di compensi e sponsorizzazioni sportive, quando in realtà l'effettiva erogatrice di tali prestazioni era una associazione italiana a loro riconducibile. Nei primi due gradi di giudizio erano ritenuti responsabili e condannati per i reati loro ascritti. Avverso la sentenza della Corte di appello proponevano ricorso per Cassazione, lamentando tra i diversi motivi, che il giudice territoriale aveva desunto la responsabilità degli imputati da una mera presunzione di natura tributaria In particolare, nella decisione di merito era affermato che le presunzioni che avevano sorretto l'attribuzione di redditi apparivano logiche e accettabili e gli imputati non avevano formulato al riguardo alcun rilievo. La Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza dei contribuenti, offrendo sul punto interessanti chiarimenti.

I giudici di legittimità hanno cominciato con il rilevare che gli imputati, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, avevano contestato dal punto di vista fattuale, tecnico contabile e giuridico l'attribuzione dei redditi e pertanto andavano valutate le argomentazioni indicate. La quantificazione delle somme evase, secondo i giudici di legittimità, sembrava frutto di una semplice operazione aritmetica con la quale era stata calcolata, per presunzioni, la media ponderale degli imponibili sottratti a tassazione negli anni precedenti. Tale ricostruzione però non era idonea in assenza di altri riscontri, a dimostrare la responsabilità penale.

Per la Suprema corte, infatti, le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur potendo avere valore indiziario, non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato. Si tratta, di elementi che unitamente ad altri devono essere valutati liberamente dal giudice penale al fine di avere certezza della condotta criminosa.

Del resto in tema di reati tributari, ai fin della prova, il giudice può fare legittimamente ricorso agli accertamenti condotti dalla GdF o dall'Agenzia delle Entrate, ma deve estendere il proprio esame ad ogni altro eventuale indizio acquisito. L'autonomia del procedimento penale rispetto a quello tributario non esclude che egli possa avvalersi degli stessi elementi, a condizione però che siano assunti non con efficacia di certezza legale, ma come dati processuali oggetto di libera valutazione probatoria.

Ne consegue che poiché le presunzioni hanno il valore di un indizio, per assurgere a prova devono trovare oggettivo riscontro o in distinti elementi di prova ovvero in altre presunzioni gravi, precise e concordanti. Diversamente, invece è stato chiarito che per il provvedimento cautelare, le presunzioni tributarie, possono essere poste a fondamento della decisione poiché è sufficiente che esistano elementi anche indiziari del reato.

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