La Cassazione, nella sentenza n. 4585/2015, si allinea al principio giuridico emerso con la sentenza n. 228/2014 della Consulta, decidendo su un accertamento bancario riguardante una fisioterapista. Nel caso di specie, la Ctr aveva contestato l’equazione “prelievi=compensi” sulla base della considerazione che il conto corrente era cointestato con il coniuge, per cui mancava una prova certa della riconducibilità dei prelievi alla professionista accertata. Decisione corretta, sostiene la Cassazione, ma da motivare non con la cointestazione quanto facendo riferimento alla necessità di trattare diversamente i prelievi del professionista da quelli dell’imprenditore, categoria, la prima, per la quale “generalmente e legittimamente” si verifica “la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali”. E, come insegna la Corte costituzionale, da un prelievo di un lavoratore autonomo difficilmente nasce un compenso. Tanto affermato sui prelevamenti, resta, in capo al lavoratore autonomo, l’onere di dimostrare che i versamenti operati sul conto, anche se effettuati dal coniuge, abbiano in realtà natura extraprofessionale, vincendo la contraria presunzione legale che opera (afferma la Cassazione) anche per i conti cointestati.
Cassazione: no a prelievi uguali compensi per i professionisti

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