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Cassazione nella sentenza nr. 12316/2017: da provarsi la donazione elusiva.

Cassazione nella sentenza nr. 12316/2017: da provarsi la donazione elusiva. - GAMACONSULTING

La cassazione nella sentenza nr. 12316/2017 ha stabilito che qualora non siano stati riscontrati elementi che indichino la retrocessione del prezzo al donante, la donazione con cui un genitore trasferisce la proprietà di un terreno edificabile ai figli, che a distanza di pochi mesi lo abbiano poi rivenduto, non è elusiva.

La vicenda traeva origine da un accertamento fiscale con cui le Entrate di Pistoia ipotizzavano che il contribuente, al fine di azzerare la plusvalenza da vendita di un terreno edificabile, aveva donato ai due figli il terreno che, a loro volta avevano rivenduto dopo pochi mesi; i donatari, nell'atto di vendita avevano dichiarato lo stesso prezzo della donazione, azzerando così, di fatto, la plusvalenza in capo al donante.

Secondo l'amministrazione finanziaria, l'atto di donazione, seguito a distanza di pochi mesi dalla vendita del terreno donato, costituiva un atto di natura elusiva che consentiva di imputare al donante la plusvalenza a norma dell'articolo 37, comma 3 del Dpr n.600/73.

La Commissione tributaria provinciale di Pistoia, a cui si era rivolto il contribuente impugnando l'accertamento erariale, accoglieva il ricorso. L'appello presentato dall'Agenzia erariale veniva rigettato dalla Commissione regionale della Toscana. Il Collegio regionale aveva ritenuto l'insussistenza di elementi sufficienti a far ritenere simulato l'atto di donazione; i donatari avevano personalmente incassato l'importo della vendita, senza che fosse presente la dimostrazione della retrocessione del prezzo al donante.

La cassazione, confermando la decisione dei gradi di merito, ha rigettato il ricorso affermando che, nel caso di specie, non vi sono elementi di prova, neppure indiziari, tale da legittimare l'affermazione che il corrispettivo della vendita possa essere stato retrocesso al donante e che la donazione possa essere stata simulata. Gli ermellini non hanno ritenuto sussistenti ulteriori elementi dimostrativi dell'esistenza di una attività elusiva; aggiungendo che, il mero dato della vicinanza temporale tra la donazione e la successiva rivendita, avvenuta a distanza di tre mesi, non sia un dato risolutivo. 

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