La Cassazione con la sentenza nr. 6971/2015 ha statuito che è nullo l'accertamento standardizzato basato su parametri o studi di settore se l'ufficio non prende in considerazione le giustificazioni fornite dal contribuente prima dell'emissione dell'atto con una memoria scritta.
La pronuncia trae origine da un atto di accertamento da studi di settore emesso nei confronti di un architetto che, non essendo congruo e coerente, aveva dichiarato compensi inferiori a quelli puntuali. Il contribuente ha impugnato l'atto in Ctp, eccependo, tra l'altro, violazione dell'articolo 42 del Dpr 600/1973 in quanto l'ufficio non aveva tenuto in considerazione la relazione tecnica trasmessa in risposta all'invito a comparire prima dell'emissione dell'atto. Nell'atto costitutivo la difesa aveva spiegato che nella relazione trasmessa all'ufficio erano stati esposti i motivi della contrazione dei suoi compensi dovuti a problemi familiari, che non gli avevano consentito di svolgere a tempo pieno l'attività professionale. Il ricorso veniva respinto dal giudice di prime cure pertanto la sentenza veniva appellata in Ctr, che respingeva a sua volta l'istanza. La sentenza del collegio regionaleveniva impugnata dallo stesso contribuente per la cassazione.
Nell'accogliere l'impugnazione e disporre la cassazione della sentenza di secondo grado, i giudici della Suprema corte hanno in primo luogo precisato che l'accertamento standardizzato, mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, rappresenta un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata ex lege in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento stesso. Inoltre, secondo il collegio di legittimità, la circostanza che il contribuente non si sia presentato di persona presso l'ufficio, ma abbia fatto pervenire comunque una relazione in cui spiegava le ragioni dello scostamento tra i compensi dichiarati e quelli puntuali non consente agli accertatori di emettere l'atto impositivo senza tener conto di tali giustificazioni. In tal caso, infatti, il contribuente non può considerarsi inerte alla richiesta dell'ufficio.
Con tale sentenza si mette l'accento sull'importanza del dialogo preventivo fra fisco e contribuente. In sede di contraddittorio preventivo infattu il contribuente ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame. Inoltre, la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con l'indicazione delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.