Un costo è inerente e quindi deducibile se risulta funzionale alla produzione del reddito senza che esso sia necessariamente correlato ai ricavi. La spesa deve così esser connessa al corretto esercizio dell'impresa. Ne consegue che devono ritenersi inerenti e deducibili anche i costi sopportati da una società controllata per addebiti della capogruppo in quanto non ha conseguito il pattuitito budget di acquisti di beni dalla capogruppo stesso. A fornire questo interessante chiarimento è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20054/2014. La vicenda trae origine dalla ripresa a tassazione nei confronti di una società controllata dei costi addebitati dalla capogruppo nella misura del 2/4% del fatturato in quanto non aveva raggiunto i quantitativi previsti di acquisti di beni dalla capogruppo stessa. Nel caso contrario, avrebbe conseguito un bonus dello 0.05% del fatturato Secondo le Entrate, tali costi addebitati erano indeducibili in capo alla partecipata in quanto privi del requisito dell'inerenza stante l'assenza della necessaria correlazione tra i costi stessi e i ricavi conseguiti La tesi dell'Ufficio era smentita sia in primo, sia in secondo grado, ciò nonostante l'Agenzia delle Entarte proponeva ricorso per cassazione. I giudici di legittimità hanno confermato la legittimità dell'operato della società partecipata. In particolare viene evidenziato che per costante orientamento giurisprudenziale un costo può essere deducibile dal reddito di impresa se ed in quanto sia funzionale alla produzione del reddito stesso. Tale correlazione per esempio è stata esclusa dalla Suprema corte, in passato, per il pagamento delle sanzioni pecuniarie, per la cosiddetta mora debendi e, con alcuni distinguo, per gli oneri da condono edilizio. In queste ipotesi manca infatti il nesso di inerenza atteso che la spesa non nasce più nell'impresa ma in un atto o in un fatto antigiuridico che si pone al di fuori della sfera aziendale. Nella specie la previsione contrattuale tra le due società del gruppo non aveva natura sanzionatoria ma assolve la funzione di incentivare gli acquisti. L'inerenza dell'attività dell'impresa acquirente emerge proprio dallo specifico riscontro contrattuale. Sempre sul concetto di inerenza, la cui assenza viene di sovente contestata dagli uffici per riprendere a tassazione i costi, occorre poi segnalare un'altra interessante sentenza la 20055/2014 circa la deducibilità delle perdite su crediti a seguito nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione. Anche in questo caso l'ufficio contestava, in estrema sintesi, l'assenza di inerenza. I giudici di legittimità hanno ritenuto rilevante che scelte e oneri siano rispettivamente adottati e sostenuti nell'interesse dell'attività dell'impresa. In altre parole ciò che conta è che l'operazione sia coerente con il programma imprenditoriale nel quale si colloca. Il requisito di inerenza, conclude la pronuncia, non risolvendosi necessariamente nel rapporto con una precisa e determinata componente attiva del redito di impresa del contribuente, richiede che l'operazione ed il suo onere siano correlati all'impresa stessa nel senso che essi devono essere finalizzati all'esplicazione di un'attività almeno potenzialmente idonea ad incidere positivamente sulla produzione dei relativi utili.